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QUESTIONE ERODOTEA

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Messaggio  coppola.adele Dom Mag 11 2008, 16:55

“Questa è l’esposizione che fa delle sue ricerche Erodoto di Turi, affinchè gli avvenimenti umani con il tempo non si dissolvano nella dimenticanza e le imprese grandi e meravigliose, compiute tanto dai Greci che dai Barbari, non rimangano senza gloria; tra l’altro, egli ricerca la ragione per cui essi vennero in guerra tra loro.”(Le Storie, proemio).
Con queste parole inizia l’opera di Erodoto, nato ad Alicarnasso, colonia dorica, tra il 490 e il 480 a.C.. e morto, non si sa se a Turi o ad Atene, tra il 430 e il 420 a.C.. Tale opera, intitolata Le Storie, tratta delle lotte tra Greci e Barbari dalle origini alle guerre persiane. Erodoto la scrisse dopo numerosi viaggi in Europa, Asia e Africa, nel corso dei quali raccolse un ricchissimo materiale informativo sulla vita, i costumi e le credenze di molti popoli, fornendoci una gran quantità di notizie sulla storia del mondo antico. Per questi motivi può essere considerato sotto molti aspetti il fondatore della storiografia greca e ritenuto da Cicerone il “padre della storia.Nelle parole del proemio troviamo condensata l’essenza stessa dell’opera, sia dal punto di vista del metodo, sia da quello delle finalità.
Infatti, se da una parte Erodoto parla di ricerche, facendo quindi un chiaro riferimento al suo minuzioso lavoro di ricostruzione della storia sul campo, dall’altra enuncia il fine ultimo della sua opera: tramandare “le imprese grandi e meravigliose”.

Per quanto riguarda la questione del metodo, l’oggetto principale della ricerca erodotea non sono solo i fatti narrati, ma anche tutto ciò che può essere considerato causa. Egli, infatti, si propone in primo luogo di esporre gli avvenimenti in modo lineare, secondo la loro connessione temporale e soprattutto di individuarne le cause. Per fare un esempio di ciò, basti pensare a quanto scrive circa le motivazione leggendarie alla base delle più remote ostilità tra Europa ed Asia, con riferimento ai ratti di Io ed Elena, di Europa e Medea: non tiene in grande considerazione la spiegazione mitica, bensì espone il risultato della sua ricerca che lo porta al re di Lidia, Creso.
In altre parole, Erodoto persegue, quale criterio di indagine, la verifica personale dei fatti, la visione diretta, egli stesso è la sua prima fonte, insieme ai testimoni che a lui sembrano maggiormente degni di veridicità. L’altro momento dell’indagine è l’intervento critico dell’autore, la sua scrupolosa scelta operata quando tra versioni in contrasto tra loro egli opta per quella che secondo il suo punto di vista gli sembra la più attendibile o, semplicemente, plausibile, oppure lascia questo compito al lettore o all’ascoltatore.
È di assoluta evidenza la rivoluzionaria originalità di questo metodo, la cui base documentaria, va ricordato, è fondamentalmente orale; chi compie la ricerca deve raccogliere con scrupolo il materiale documentario e procedere successivamente alla selezione critica, basandosi esclusivamente su reperti reali, accertabili, da sottoporre al giudizio della ragione.
Di conseguenza, Erodoto si distacca, attraverso l’uso di un’indagine verificabile con gli strumenti della ragione, dalla leggenda per giungere allo studio critico di ciò che è realmente accaduto; da questo punto di vista, senza naturalmente richiedere all’opera erodotea un’impossibile scientificità, non può non essere riconosciuto all’autore lo sforzo di allontanarsi dal mito per affrontare la storia umana secondo un metodo sicuramente ancora impreciso e relativo ma a cui si deve l’avvio della scienza storica.


A proposito della genesi compositiva delle Storie, ha infatti suscitato tra gli studiosi una vera e propria questione erodotea, simile a quella omerica, sia pure di minore entità. Il problema consiste, essenzialmente, nel comprendere se Erodoto abbia cominciato a scrivere relazioni su ogni paese da lui visitato che poi ha unificato in un secondo tempo, oppure se fin dall’inizio abbia già avuto in mente il piano generale dell’opera. In particolare, l’articolazione della materia e soprattutto la frequenza delle digressioni ha fatto ritenere che l’opera non sia nata da un progetto unitario, ma sia il risultato della giustapposizione di unità narrative (i lògoi) nate autonomamente e incentrate su interessi etnografici e geografici, secondo l’uso dei logografi. Secondo altri studiosi, invece, Erodoto avrebbe inteso comporre una storia della Persia, della sua ascesa e delle sue vittoriose conquiste fino allo scontro con la Grecia; l’incontro dello storico con il mondo ateniese e le profonde suggestioni assorbite avrebbero poi determinato uno spostamento di interesse e le ampie digressioni. Va ricordato inoltre che il titolo “Storie” venne assegnato alla ricerca erodotea dai critici alessandrini, sulla base della parola istoria della frase iniziale; a loro si deve anche la suddivisione in nove libri, ad ognuno dei quali essi imposero il nome di una musa. Dal punto di vista della lingua utilizzata, Erodoto scrive in ionico, non privo di elementi attici, in un’ampia varietà di forme linguistiche e letterarie, uno stile definito dagli antichi stile variopinto.
Sappiamo che Erodoto aveva ideato un’opera sulla storia persiana con particolare riferimento alla etnografia e all’antropologia dei popoli con cui era venuto a contatto, ma, dopo essere stato ad Atene, cambiò il disegno dell’opera dando maggior peso alla vicenda storica del conflitto.
Una forte sensibilità antropologica di Erodoto è colta da una nota antropologa, Cecilia Gatto Trocchi: “Si è soliti far iniziare la riflessione antropologica con le Storie di Erodoto (…) Erodoto è considerato il fondatore della storia, della geografia e dell’antropologia, in quanto descrive nelle sue Storie i costumi, le tradizioni, le religioni, le abitudini di moltissimi popoli dell’antichità, con cui in parte era venuto direttamente in contatto. A lui dobbiamo implicitamente i due concetti fondamentali di etnocentrismo e di relativismo culturale. L’etnocentrismo considera la propria cultura come superiore alle altre per modi, stili, abitudini e tradizioni. Tale posizione è diffusa in tutte le etnie e tra i più diversi popoli, basterebbero i nomi di alcuni gruppi per dimostrare tale fatto. La maggior parte delle etnie infatti si autodefinisce come popolo degli uomini, escludendo automaticamente dall’umanità gli altri gruppi diversi dal proprio.”
L’altra faccia della medaglia è rappresentata dal relativismo culturale: “Erodoto propone delle riflessioni che definiscono il relativismo culturale, ovvero la pluralità e le differenze tra stili di vita, ideologie e culture. Egli descrive sommariamente gli usi funerari degli indiani Galati, dicendo che è loro costume piangere il morto, disporlo sopra un tavolo su un bianco sudario, continuare i pianti e le lamentazioni, e poi cibarsi del corpo del morto per introiettare la sua forza e la sua anima. Questa usanza fa orrore a un greco, il quale come abitudine funeraria costruisce una catasta di legno, vi pone sopra il corpo del defunto, e brucia il tutto mentre organizza giochi ginnici intorno alla pira per onorare lo spirito del defunto, così come fece Achille per venerare Patroclo morto. Erodoto continua considerando che anche a un indiano galata farebbero orrore gli usi funerari dei Greci, che bruciano e disperdono il corpo del defunto. Da queste considerazioni possiamo ricavare due idee-guida: da un verso Erodoto mette in risalto la differenza delle usanze funebri, dall’altro ribadisce che in ogni società esistono modalità per segnare, marcare e sacralizzare il passaggio dalla vita alla morte. Abbiamo da un lato l’universalità delle usanze funerarie, dall’altro la particolarità specifica delle loro modalità”.
Quella proposta da Cecilia Gatto Trocchi è una chiave di lettura che può essere applicata a tutta l’opera erodotea: la contrapposizione tra una visione etnocentrica ed una visione relativistico-culturale rappresenta uno dei fili conduttori delle Storie.


Nelle Storie troviamo una massa di informazioni gigantesca, si parla di tutto o quasi, tuttavia è possibile cogliere un elemento politico: l’esaltazione della democrazia.

Per il presente lavoro, si considera il dinamismo umano il tema di fondo delle Storie, ossia è l’infinita materia e inesausta potenza delle umane passioni, dove palpita e freme la gran forza della natura.

Basti pensare che Erodoto, pur essendo decisamente, come si è visto, favorevole alla democrazia e detestando in modo netto la tirannide, non assume un atteggiamento da fondamentalista: elogia la democrazia, ma ne individua e, soprattutto, ne riconosce anche i difetti e i pericoli, spingendosi fino al punto di dipingere il popolo come una folla buona a nulla, inconsapevole di quello che fa.
E questa caratteristica è ben identificabile in ciò che in precedenza abbiamo definito relativismo culturale; nelle Storie troviamo la pluralità, di stili di vita, di ideologie e di culture. Addirittura sembra considerare l’irragionevole smania di uniformare differenze di natura e di cultura, in quanto sovvertimento dell’ordine del mondo, la principale causa delle sconfitte contro cui è andata a cozzare la sete espansionistica dell’impero persiano.


Per concludere, l’elemento che più ha importanza, in questa sede, è l’assoluta fiducia nel dialogo, che Erodoto utilizza (strumentalmente, spesso) per quella che abbiamo definito comunicazione politica; attraverso il dialogo, la discussione si possono trovare le soluzioni più giuste.

coppola.adele

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Messaggio  magisterium Dom Mag 11 2008, 17:00

Articolo interessante.
Sarebbe opportuno citare la fonte per consentire anche agli altri di citarlo in modo corretto

http://www.doripec.unige.it/erodoto_parodi.php .

Ricordo che il materiale va elaborato se si vuole presentare come personale.
Tuttavia va apprezzata la ricerca.

Smile
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