sportellodidattico
Vuoi reagire a questo messaggio? Crea un account in pochi click o accedi per continuare.

SENECA

2 partecipanti

Andare in basso

SENECA Empty SENECA

Messaggio  magisterium Gio Apr 10 2008, 12:51

Vi incollo la traduzione integrale del De brevitate vitae di Seneca che abbiamo iniziato a studiare oggi:
http://www.filosofico.net/brevitas.htm .

Smile
magisterium
magisterium

Numero di messaggi : 163
Data d'iscrizione : 03.02.08

Torna in alto Andare in basso

SENECA Empty Seneca ed il fuor

Messaggio  prisco.antonio Dom Mag 11 2008, 17:20

Seneca e la Fedra


A testimonianza di come da sempre l’uomo sia stato sconvolto e preso da questa serie di tormentate emozioni e inspiegabili e invincibili dubbi a cui non sapeva dare un nome, citiamo Seneca, che nella Phaedra propone la passione di un amore, quello di una matrigna per il figliastro, che si scontra coi principi etici, associata alla follia, con uno schema ricorrente nella letteratura sucessiva: l'amore impossibile che porta a uscir di senno diviene topos letterario tra i più utilizzati.

Il furor in Seneca

Al centro dì tutte le tragedie di Seneca troviamo la rappresentazione dello scatenarsi rovinoso di sfrenate passioni, non dominate dalla ragione, e delle conseguenze catastrofiche che ne derivano. Il significato pedagogico e morale s'individua dunque nell'intenzione di proporre esempi dello scontro nell'animo umano di impulsi contrastanti, positivi e negativi. Da un lato vi è la ragione, di cui si fanno spesso portavoce personaggi secondari che cercano di dissuadere i

protagonisti dai loro insani propositi; dall’altra vi è il furor, cioè l'impulso irrazionale, la passione (amore, odio, gelosia, ambizione e sete di potere, ira, rancore), presentata, in accordo con la dottrina morale stoica, come manifestazione di pazzia in quanto sconvolge l'animo umano e lo travolge irrimediabilmente. In questa lotta tra furor e razionalità, lospazio dato al furor, al versante oscuro, alla malvagità e alla colpa, è senza dubbio prevalente e va ben oltre i condizionamenti e le esigenze imposti dal genere tragico. L'interesse per la psicologia delle passioni, che può apparire quasi morboso, sembra talora far dimenticare al poeta le esigenze filosofico-morali. Inoltre è caratteristica delle tragedie senecane l'accentuazione delle tinte più fosche e cupe, degli aspetti più sinistri, dei particolari più atroci, macabri, raccapriccianti. In poche parole Seneca enfatizza il pathos e dimostra la forza devastante della passione, indice di disintegrazione della personalità interiore. I personaggi vengono analizzati in profondità: di essi vengono messi in

risalto i contrasti interiori, le esasperazioni, il furor regni, la morte della ragione, la bestialità umana.In realtà la visione pessimistica, l'accentuazione degli elementi cupi e la forte intensificazione patetica, appaiono funzionali a quel valore di esemplarità negativa che i personaggi tragici rivestono agli occhi dei filosofo; sono mezzi di cui l'autore si serve per raggiungere più efficacemente il suo principale obiettivo, consistente nell'ammaestramentomorale. Del resto il pathos caricato, l'enfasi e il gusto per i particolari orridi e raccapriccianti erano già presentì nel

tragici latini arcaici, e trovavano piena corrispondenza nel gusto dei tempi di Seneca.

Particolarmente esemplari, nel gusto tragico e macabro che meglio esprime la follia senecana sono Phaedra («Fedra»), Medea,

Lucio Anneo Seneca

La Passione di Fedra

Phaedra, scritta tra il 50 d.C. e il 62 d.C., di Lucio Anneo Seneca (4 a.C.-65 d.C.) riprende la trama dell'Ippolito euripideo. Fedra, moglie del re d'Atene Teseo, che è momentaneamente lontano dalla propria casa, si innamora perdutamente del figliastro Ippolito, che però sdegna ogni compagnia femminile ed è dedito esclusivamente alla caccia.

Particolarmente importante è sottolineare il momento della "dichiarazione" di Fedra a Ippolito. Si tratta sicuramente di una scena culminante, dove la regina, disperatamente e colpevolmente innamorata del figliastro, si decide a rivelargli la sua passione. L'amore incestuoso ha travolto ogni limite: è il conflitto inconciliabile tra ragione e passione, l'insanabile lacerazione interiore di chi è preda del furor e ha perso il controllo di sé e delle proprie azioni.

Il progressivoavvicinamento alla "dichiarazione" vera e propria è sapientemente preparato attraverso una serie dì passaggi intermedi:

l) Fedra respinge l'appellativo di madre che Ippolito le rivolge;

2) Fedra gli si offre come schiava evocando implicitamente il tema del servitium amoris;

3) Fedra accenna alla probabile morte di Teséo, suo marito (morte che le permetterebbe di aspirare legittimamente ad un nuovo amore).

Quando il giovane afferma di essere disposto a prendere il posto dei padre, questa affermazione (dettata dalla pìetas) suona ambigua alle orecchie di Fedra e induce finalmente la regina a rivelare che la sua sofferenza è causata dall'amore. La confessione è poi ancora ritardata dalla rievocazione della bellezza dì Teseo giovane, nella cui immagine Fedra proietta e contempla quella del figlio. Una volta comprese le intenzioni di Fedra, Ippolito esprime il suo orrore e la sua violenta indignazione.

Respinta, Fedra si vendica accusando il giovane di aver cercato dì usarle violenza; ma quando, in seguito alla maledizione di Teseo che ha creduto alla calunnia, un mostro marino suscitato dal dio del mare causa ad Ippolito un'orribile morte, Fedra, disperata, confessa la sua colpa e si uccide. Il suicidio si presenta come giusta punizione della sua colpa e offerta sacrificale al morto lppolito, ma anche come unico sollievo all'invincibile malattia d'amore ed estrema occasione per recuperare l'onore perduto.Fedra è un'eroina consapevole, che si consegna ad una nobile fine, accettando la

responsabilità dell'adulterio e la propria folle passione.

La follia dalla tradizione greca all’opera di Seneca

A differenza dell'originale greco, la versione di Seneca, come già evidenzia il titolo, è incentrata sulla protagonista femminile che da subito rivela la propria passione, pronta a morire piuttosto di rinunciare al giovane. É una donna tragicamente umana che segue un proprio istinto naturale, non più un essere determinato dalla volontà degli dei, che,nella versione di Seneca, scompaiono.

La contrapposizione tra umano e divino, che era centrale nel pensiero euripideo, si trasforma, nella poesia del filosofo latino, in una profonda riflessione sulla lotta tra passione e ragione, fragilità e fierezza, che porta ad una estrema lacerazione della volontà.

Seneca opera dunque un significativo cambiamento rispetto ai tragici greci: il contrasto non è più esterno al personaggio (l'uomo contro il fato) ma interno (è il furor contro la mens sana). Il furor viene umanizzato e sconsacrato: è nefas, dolor, non più ybris.

La tragedia di Seneca esamina a fondo i lati oscuri dell'anima con una profondità psicologica nuova per il mondo antico.

prisco.antonio

Numero di messaggi : 10
Età : 34
Data d'iscrizione : 19.02.08

Torna in alto Andare in basso

SENECA Empty Re: SENECA

Messaggio  magisterium Dom Mag 11 2008, 17:30

Mi sembrano interessanti le considerazioni ( http://www.atuttascuola.it/tesine/follia/la_follia5.htm - http://www.atuttomid.com/tesine/follia.htm ).
A queste vanno allegati testi.
Very Happy
magisterium
magisterium

Numero di messaggi : 163
Data d'iscrizione : 03.02.08

Torna in alto Andare in basso

SENECA Empty Seneca

Messaggio  prisco.antonio Dom Mag 11 2008, 17:48

Dopo il documento che inserirò nella mia tesina, ecco un personale rielaborato su Seneca


SENECA

Di origine italica, si trasferì a Roma per studiare retorica e filosofia. A Roma iniziò la sua professione forense, godendo d’ottima fama come oratore, al punto tale da ingelosire l’imperatore Caligola, che però mai prese provvedimenti contro di lui, cosa che fece il successore Claudio esiliandolo in Corsica, con l’accusa di adulterio. Rientrato a Roma grazie alla nuova moglie dell’imperatore si occupò dell’educazione del figlio adottivo di Claudio, il piccolo Nerone. Quando Seneca constatò di non poter più contenere la ferocia e la crudeltà dell’imperatore Nerone, si ritirò a vita privata. Fu costretto a tagliarsi le vene con l’accusa di essere immischiato nella congiura di Pisone.
LA PROSA


Dialogi



Sono dieci trattati filosofici di argomento morale dove la forma dialogica di limita a qualche domanda a o da un interlocutore fittizio.

In quest’opera distinguiamo dapprima le cosidette consolationes, già usate precedentemente da autori illustri come Cicerone. Seneca s’ affida alla forza persuasiva della retorica, con il rischio di cadere nell’ovvio, poiché ben pochi sono gli argomenti adatti a consolar chi è colpito da disgrazia e solo la filosofia poteva rimediare, considerata la medicina dell’animo in grado di dominare i dolori e le passioni. Seguono in tutte e 3 dialogi motivi ricorrenti: l’ineluttabilità del dolore, la morte intesa come condizione necessaria della natura umana e liberazione dal dolore (come nel caso della consolatio ad Marciam), la considerazione che le altre cose considerate sventure non lo sono sella morte stessa appunto non è un male (così scrive Seneca alla madre per rasserenarla del proprio esilio), gli esempi illustri, il fatto di dover ringraziare la sorte per quello che ci ha concesso e non lamentarci per quello che ci ha tolto, che non era nostro.

Seneca si dedica al tema dell’ira (De Ira) prendendo come esempio negativo l’iracondo imperatore Caligola, condannandola come passione irrazionale, assumendo una posizione stoica e quindi antiaristotelica, esortando ad agire sempre secondo ragione, il tutto affermato con uno stile vivace e colorito grazie ai flosculi(battute ad effetto).

Tratta il tema del tempo(De Brevitate vitae) condannando gli uomini che sprecano la loro vita in preoccupazioni futili, nel ricercare soddisfazioni materiali e ricchezze senza andare alla ricerca della virtù.

Sempre sulla falsa riga dello Stoicismo, afferma che il saggio non può subire offesa poiché il suo unico bene è la virtù che non può subire danni, ne si può togliere a chi la possiede(De constantia sapientis).

Affronta il problema della felicità (De vita beata) affermando che fonte unica della felicità sia la virtù , intesa come sommo bene, e chi la possiede non desidera null’altro. Asserisce, in risposta a chi lo critica a causa delle sue incoerenze e delle sue ricchezze, che il saggio può possedere beni terreni a patto che se ne sappia distazzare quando verrà il momento e che quasi nessuno posside la virtù ma ciò che importa è prodigarsi alla sua ricerca.

Predica come modello ideale di vita una via di mezzo tra l’otium ed il negotium(De tranquillitate animi) senza né farsi travolgere troppo dalla vita attiva né isolarsi completamente dalla comunità.

Giustifica il suo distacco dalla vita politica (De Otio) affermando che se le circostanze impediscono di dedicarsi ai problemi dello stato è bene salvare la coerenza ed apprezzare i vantaggi dell’ otium dove il saggio può giovare all’intera umanità rivelando nuove verità morali ed intellettuali.

Ritiene che le sventure fanno parte di un disegno divino(De providentia) per mettere alla prova gli onesti valorizzandone i mereti e la virtù, temprandone il loro animo
I trattati



Nel primo trattato, il De clementia, Seneca tratta di filosofia politica. Esalta la clementia, virtù naturale, che deve essere propria di chi detiene grandi responsabilità. Solo i tiranni la ignorano, i quali a differenza dei re, puniscono per sadico piacere e non per necessità. La clemenza rende i sudditi più fedeli. Seneca propugna un modello ideale di governo, visto nella monarchia, ispirato a principi di moderazione dove l’imperatore deve essere illuminato e trattare il popolo come il padre si rapporta col figlio: il tutto ha il fine di attenuare l’indole di Nerone che già da giovane mostra propensione alla violenza e alla crudeltà.

Nel De beneficiis Seneca sostiene che i favori non tengono conto del ceto e della condizione di chi li attua o di chi li riceve, ma ciò che conta è lo stato d’animo del benefattore che procura gioia a sé e ai beneficiari. Inoltre è importante manifestare gratitudine perché in caso contrario si è egoisti ed invidiosi.

Seneca scrive i Naturales questiones un trattato scentifico-filosofico. Tratta dei fulmini, dell’arcobaleno, delle comete, dei cataclismi naturali, delle meteore allo scopo di liberare l’uomo dalla paura irrazionale di fronte ai fenomeni aturali evidenziando però la difficoltà per gli antichi di analisi dei fenomeni stessi.
Le epistulae morales ad Lucilium


Indirizzate al cavaliere Lucilio, suo amico e discepolo, sono l’opera ultima di Seneca, cronologicamente parlando, e per questo esprimono la piena maturità spirituale dell’autore, che si prefigge di avvantaggiare i posteri mettendo a disposizione le sue esperienze. La grandezza di quest’uomo sta nell’ andare anche controcorrente, pur di affermare i suoi principi come quando difende la dignità degli schiavi, considerandoli uomini come tutti gli altri.



L’uomo deve costantemente andare alla ricerca della perfezione morale e dell’autosufficienza(autarkeia). Viene trattato il valore del tempo, l’importanza del migliorare se stessi, la considerazione dell’esempio che vale più di 1000 parole. Scopo della filosofia per Seneca è quello di raggiungere la verità sulle cose umane e divine. La stessa deve prepararci con serenità alla morte ineluttabile, che in ogni caso ci libererà dalle sofferenze della vita terrena.

Seneca riesce a dare all’umanità preziosi consigli e precetti, sulla scia dello stoicismo, sostenuto dal panteismo immanentista alla quale si riferisce spesso Seneca, di fattura appunto stoica. L’etica stoica fa leva sulla ricerca della virtù, unico bene desiderabile per se, congiunto alla necessità della saggezza. Nelle sue teorie filosofiche, Seneca, non disdegna il platonismo o l’epicureismo, e alontanandosi dal paganesimo si avvicina sempre di più alle concezioni del cristianesimo.
Stile



La prosa risulta originale, espressiva ed essenziale. Vi è un netto dominio della paratassi e un uso incontrastato dell’asimmetria, dell’inconcinnitas, che lo fa risultare un vigoroso anticiceroniano, avallando una forte immediatezza grazie alla brevitas. Fa un uso disinvolto di figure retoriche come metafore, similitudini, iperboli ed altri artifici letterari. La sua grandezza stilistica sta nella straordinaria capacità di sintesi, concentrando moltisssime idee in un numero esiguo di vocaboli. I suoi detrattori, come Frontone e Quintiliano, lo accusano di essere un vero corruttore dell’eloquenza, ma altro non potrebbero dire, essendo degli accesi ciceroniani.
LA POESIA


Le tragedie



Le tragedie senechiane, d’argomento mitologico, sono estremamente importanti perché rappresentano le uniche latine giunteci integralmente.

Seneca in queste opere concepisce il mito come exemplum per esprimere i concetti della filosofia stoica , il trattato filosofico viene sostituito così dalla tragedie che hanno carattere pedagogico e morale, è come se Seneca volesse insegnare a Nerone in che modo può degenerare il potere. I temi sono simili a quelli del “De clementia”. Seneca mette in scena storie sanguinarie e forti per esortare l’uomo alla moderazione, alla magnitudo animi. Mostra di prediligere il macabro, soffermandosi su scene terribili, e ciò testimonia che queste tragedie erano predisposte più alla lettura che alla rappresentazione. Ampollose e retoriche ma ricche di sensibilità nell’ indagare l’animo umano, attraverso l’analisi e la denuncia delle passioni più irrazionale come l’ira, la rabbia, l’odio, l’amore ispireranno grandi tragediografi come Shakespeare.

Opera satirica: Ludus de morte Claudii (Apokolokyntosis)



Un’opera davvero singolare e bizzarra nel panorama della vasta produzione senecana è il “Ludus de morte Claudii”, ma il titolo sotto cui l’opera e più comunemente nota è quello greco, di “Apokolokyntosis”, Tale parola è una deformazione di apoteosi (trasformazione in Dio) nella quale la componente dio è sostituita da zucca. La traduzione diverrebbe così zucchificazione, dove la parola zucca è presa come emblema della stupidità e tale parola significherebbe dunque “non trasformazione in zucca” ma piuttosto “deificazione di una zucca, di uno zuccone”, alludendo alla fama di ignorante non proprio lusinghiera di cui godeva Claudio. Questo sarcastico pamphlet politico è scritto nella forma della satira menippea dove ai versi s’alternava la prosa e al tono serio il faceto. Ma nel pamphlet di Seneca di serio c’è ben poco, se non l’intenzione di attaccare e sfogare tutto il suo odio verso Claudio. L’umorismo sottile si mostra in una continua serie di espressioni ironiche e allusive. In questa satira Claudio viene grottescamente umiliato, trattato come un vero stupido ed inetto, criticato da Augusto che evidenzia la distanza abissale del proprio regno con quello di Claudio, e che esalta Nerone il quale promette di distaccarsi dalla politica tirannica del predecessore, riabbracciando la moderazione dell’età agustea.

Vediamo come domini una sorta di legge del contrappasso nei confronti di Claudio condannato a giocare ai dadi per l’eternità, lui amante di questa attività, e affidato ad un liberto, che nel suo periodo era la figura dominante dell’economia imperiale

prisco.antonio

Numero di messaggi : 10
Età : 34
Data d'iscrizione : 19.02.08

Torna in alto Andare in basso

SENECA Empty Re: SENECA

Messaggio  Contenuto sponsorizzato


Contenuto sponsorizzato


Torna in alto Andare in basso

Torna in alto


 
Permessi in questa sezione del forum:
Non puoi rispondere agli argomenti in questo forum.