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Edipo re di Sofocle

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Messaggio  simonetti.angelo Lun Mag 19 2008, 22:03

prof incollo un approfondimento su l'Edipo re di Sofocle.


Edipo re


L'Edipo re potrebbe risalire al periodo compreso tra il 429, anno della peste in
Atene,
425 a.C., anno degli Acarnesi di Aristofane: la descrizione della peste di Tebe nella tragedia potrebbe
riflettere il fatto storico.
Alcuni propongono invece co­me anno della rappresentazione il 411 a.C.
sulla scorta di una discutibile interpreta
­zione extradrammaturgica del secondo stasimo,
che rifletterebbe sull'istituzione del
regime oligarchico in Atene, avvenuta appunto
nel 411 e qui condannata come tiran
­nide. Sono tutti indizi assai deboli. Nell'agone in cui fu messo
in scena Edipo re Sofocle giunse secondo dopo un tal Fìlocle, che evidentemente piacque di più
agli Ateniesi.










Un oracolo di Apollo ha rivelato che, per
debellare l'epidemia che devasta Tebe, bisogna espellere dalla città
l'assassino di Laio, il precedente re di Tebe ucciso da sconosciuti. Ora sulla
città regna Edipo (donde il titolo del dramma), divenuto re di Tebe dopo aver
liberato
La
città dalla Sfinge e aver sposato Giocasta, vedova di Laio. Edipo convoca Tiresia per saperne di più sul
responso e il vate, dapprima reticente, rivela che è proprio Edipo l'assassino di Laio
; Edipo,
irato, lo scaccia. Gioc
asta, volendo mostrare l'inaffidabilità degli
oracoli, narra una profezia che non si è avverat
a: Laio sarebbe
dovuto essere ucciso dal figlio, ma ciò non è avvenuto perché Laio aveva fatto
esporre sul monte Citerone il figlio appena nato (disposizione in realtà andata
a vuot
o) ed era poi stato ucciso da briganti (ma poi si scoprirà
che a ucciderlo era stato Edipo stesso). Il racconto insospettisce Edipo, che a
suo tempo aveva ucciso un uomo: le circo­stanze dei due omicidi coincidono
sorprendentemente. Temendo di essere proprio lui l'as­
sassino Edipo, che crede
ancora che suo padre sia Pòlibo, il re di Corinto al quale era stato affidato,
convoca l'unico testimone della morte di Laio. Intanto si annuncia la morte di Polibo ed Edipo pensa con sollievo di
essere ormai sfug­ito a un antico
oracolo che lo voleva uccisore del padre e sposo della madre. Ma il mes­saggero rivela che Polibo era solo suo padre
adottivo e che aveva ricevuto Edipo dallo stes­so servo di Laio che era stato
poi testimone della morte del re. Il servo conferma che il ve­ro padre di Edipo era Laio e che Giocasta è sua
madre. Quest'ultima, apprendendo la terri­bile verità, decide di
impiccarsi; Edipo si toglie la vista e chiede di essere esiliato da Tebe,
ma questo gli viene pietosamente
impedito da Creonte. La tragedia si chiude con il patetico abbraccio tra Edipo
e le figlie Antigone e Ismène.






Aristotele lodò l'Edipo re per
l'organizzazione della trama e per la
contemporanea realizzazione della peripezia, definita un “mutamento in
senso contrario delle vicende in corso”, e del rico­noscimento. La struttura generale consiste in uno schema di
rovesciamento articolato sull'indagi­ne che porta Edipo a scoprire come
colpevole se stesso invece di un altro. Alla situa­zione iniziale, in cui Edipo è sovrano amato dal popolo e indagatore
fiducioso nelle sue capacità intellettuali
e operative, si oppone il finale dove Edipo, privo ormai del pote­re e
messo di fronte all'imprevisto esito della ricerca, approda a una condizione di
to­tale prostrazione, mostrata sul piano scenico dal disperato abbraccio con le
figlie. In tale opposizione si è erroneamente vista una polarità
turannos/farmakos (sovrano/capro epiatorio) come se Edipo,
decaduto dal livello più alto della condizione umana, quello di sovrano amato
dal popolo, a quello più ignominioso, quella di capro espiatorio, fosse
scacciato dalla polis.
Ma Edipo non viene
espulso: al contrario,
la
necessità di quell'esilio che egli stesso chiede è negata da Creonte. Lo schema
di rovesciamento, come mostrano altri fatti
strutturali e tematici, insiste piuttosto su un tema diverso: una crisi
irrimediabile che, investendo le strutture intellettuali e met­tendo l'uomo in
condizione di non poter organizzare razionalmente la propria espe­rienza,
rivela come il senso profondo del vivere sia la sofferenza. Anche se Edipo è l'eroe
della ricerca, fondamentale per il significato della tragedia è l'esito
particolare a cui questa approda. L'indagine infatti, ritorcendosi sul suo pro­motore,
corrode l'ottimismo razionalistico con cui le correnti sofistiche del tempo si
ponevano di fronte alla realtà. Perduta la sicurezza politica (il ruolo di re)
e la pre­sunzione di poter controllare razionalmente la realtà, Edipo raggiunge
una dimensio­ne più autentica che è l'esperienza del dolore, e si pone come
modello di un eroismo tutto umano: quello
che scaturisce dalla coscienza che la precarietà e la sofferenza non
sono realtà eludibili della vita dell'uomo. Oltre che importante elemento
strutturale, gli oracoli costituiscono la linea tematica fondamentale dell'Edipo re
. In particolare, l'oracolo relativo al
de
­stino di Edipo coopera
profondamente a mettere in evidenza il tema del dolore: il suo inesorabile avverarsi ai danni e all'insaputa di
Edipo configura tutta la fragilità del per­sonaggio rispetto alla
volontà divina fino alla rivelazione ultima, quando Apollo è esplicitamente
accusato di essere la causa della rovina.



Al motivo dell'impotenza dell'uomo dà risalto
anche l'ironia tragica convogliata
nelle parole
di Edipo, cioè quel tipico espediente teatrale per cui un personaggio sul­la
scena ignora ancora fatti ed eventi che invece sono ben noti al pubblico (vedi
la scheda seguente). Fissando con illusoria pretesa di controllo l'itinerario e
l'obiettivo della ricerca Edipo, con parole
ambigue di cui egli stesso non percepisce il significa­to autentico
(chiaro invece agli spettatori), prepara e annuncia la propria rovina fina­le. Si chiarisce con ciò che le vicende umane
avvengono in assoluta autonomia ri­spetto alla volontà e ai progetti
degli uomini.


Ultima modifica di simonetti.angelo il Sab Mag 24 2008, 12:06 - modificato 1 volta.

simonetti.angelo

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Messaggio  magisterium Ven Mag 23 2008, 19:43

Bene.

"quel tipico espediente teatrale per cui un personaggio sul­la scena ignora ancora fatti ed eventi che invece sono ben noti al pubblico"

Ricordo che nella struttura di un testo narrativo in genere e anche nella sceneggiatura/regia di un film si possono trovare diverse strategie legate al racconto (diversi tipi di focalizzazione, di narratori, interni, esterni, ecc.).

Smile
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